FABIO

martedì 3 aprile 2018

SCUOLA, PREGIUDIZI E D.S.A.


In genere, mi racconta la mia amica D, insegnate alle elementari, succede che la scuola si renda conto che uno studente abbia problemi di apprendimento e che i genitori non vogliano accettare la questione. Con la scuola di M. si è avuto il problema opposto invece. Il bambino presentava problemi in I elementare, ovviamente si è atteso che passasse un arco di tempo, per vedere se fosse soltanto un problema iniziale, ma alla fine dell'anno scolastico, il risultato era come se M non fosse andato a scuola per niente. Fabio riteneva grave la situazione e chiedeva una collaborazione alla mamma di M, la quale però negava totalmente i problemi scolastici di M, adducendo che questi fossero causati dal padre anzi, che "non lo sa prendere". Di fatto il bambino a fine anno scolastico non era in grado di leggere e scrivere. Ora che a negare le difficoltà fosse la mamma, stupisce fino un certo punto, in quanto la stessa C.T.U. eseguita in appello rilevò che il soggetto nega le difficoltà del figlio o le minimizza. Per cui la questione rientra in un quadro clinico accertato. Il problema sorse quando a negare e minimizzare i problemi di M furono le insegnanti. Cosa del tutto inaspettata. Si era ricorsi alla scuola nella speranza di trovare un sostegno e invece si trovò un muro. A quanto sembrava i problemi di M erano visibili soltanto a noi. Quando il C.T.U. della Corte d'Appello di Firenze intervistò le insegnanti, tuttavia, queste non se la sentirono di negare totalmente i problemi di M, anche a lui. A settembre del nuovo anno scolastico, chiesero invece di eseguire il test della DSA, con tempi comodi, stupendosi del fatto che M non sapesse ancora leggere e scrivere e che si trovava ancora nello stato in cui lo avevano lasciato a giugno. A rigor di logica, vorrei fare una domanda alle insegnanti "il bambino avrebbe dovuto imparare nei tre mesi estivi dai genitori, tutto quello che non erano riuscite ad insegnargli loro con le competenze giuste in nove mesi di scuola?" Mi domando perché la scuola attualmente necessiti dell'aiuto e della collaborazione dei genitori e non sia in grado di portare a termine il compito di insegnare ai bambini, con il solo lavoro degli insegnanti, come era una volta. Comunque durante il periodo estivo in cui M fu con noi, ci adoperammo con un vassoio di sabbia, per insegnare le lettere dell'alfabeto al bambino. Non fu proprio un periodo sterile come le insegnanti vollero far credere. Attualmente siamo in attesa che M faccia il test DSA prenotato a inizio anno. Presto avremo delle risposte, ma mi chiedo perché la scuola prende una posizione del genere dinanzi un bambino in difficoltà? E perché per l'ennesima volta un ente così importante si mette a difesa della mamma e non del bambino, rimanendo sempre in forte pregiudizio nei confronti del padre? 

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