FABIO

venerdì 22 giugno 2018

PIC NIC SERALE

Per chi lavora tutto il giorno e al mare non ci può andare prima che il sole tramonti e si deve accontentare dei raggi lunari...


... il vantaggio è trovare una spiaggia quasi deserta e dei colori meravigliosi che le foto non rendono sufficientemente meravigliosi...


... passata la confusione diurna... la spiaggia ci offre solo il rumore delle onde... davanti le quali sgranocchiare insieme un pezzo di pizza ...



... penso nessuna signora XX potrà arrestare il tempo che passa
 e che risolve inesorabilmente tutte le situazioni portando a galla le verità...
 la speranza non deve mai cessare nella vita di una persona


... del passato resteranno le orme ... 


... in fondo la vita è davvero un attimo... non ha senso perderla nel fare le guerre... 


... forse non tutti riescono a vedere l'estrema bellezza di queste immagini... né a sentire l'estrema potenza del mare che va oltre il senso terreno della vita...



... l'altro ieri ... ci è stata notificata l'ennesima denuncia... per l'ennesimo reato inventato... 
la signora XX vorrebbe rubarci quello che lei non ha... l'amore... 



... ma questo non potrà mai togliercelo... né potrà mai inventarlo...



... a volte basta un complice e tutto è già più semplice...


in segno di buon auspicio per questa ennesima denuncia assurda è apparso in lontananza un delfino


... e qui siamo tutti in attesa di vederlo spuntare... 



mercoledì 20 giugno 2018

LE RELAZIONI SUCCESSIVE ALLA SEPARAZIONE




Le illustrazioni sono tutte di Pascal Campion, adoro questo disegnatore....

Nessuno ci potrà garantire che le relazioni successive alla separazione andranno a buon fine e inoltre non tutto dipende soltanto da noi, in quanto in una relazione si è in due e infine una buona componente di rischio sarà attribuita agli eventi che ci aspettano e che non conosciamo. Le relazioni dopo la separazione sicuramente ci vedono partire in grosso svantaggio, perché siamo colpiti, perché magari non abbiamo ancora sciolto quelle catene invisibili, di cui ho parlato quie perché inoltre viviamo tutti i problemi pratici postumi della separazione: organizzazione delle giornate con i figli,  discussioni con l'altro genitore e una situazione economica sicuramente sempre più difficile di prima. 



Le relazioni successive alla separazione sono un campo minato, una giungla. 
La mia esperienza personale,  che ricordo a tutti non è legge assoluta, mi dice che la resistenza di una relazione si basa su due pilastri: il sentimento e la situazione simile.
Nel mio vagare postumo alla separazione, mentre ero nel tunnel alla ricerca di un'uscita, ho conosciuto diverse persone, talvolta fu il tentativo di non proseguire sola, talvolta fu il bisogno di avere vicino qualcuno, ma posso sottoscrivere che nessuna di queste necessità può garantire la durata o la resistenza di una relazione. 



Anzitutto è necessario il sentimento, l'amore. Non ci sono persone ideali. Così come non si può innescare volontariamente questo sentimento. L'amore tutto sommato rimane qualcosa di misterioso alla nostra mente, perché è un sentimento che ci guida, non si sa come nella scelta di una persona, accende una parte di noi, che amiamo chiamare cuore, ma non si sa bene dove l'amore sia depositato realmente. Cosa sia realmente l'amore non è facile da descrivere. E' un motore che dentro di noi si accende e ci fa andare avanti verso un'altra persona. E' una forza che ci spinge contro ogni volontà opposta o tentativo di frenata. Non vale la pena di lottare contro ciò che si sente, perché quel sentimento è in grado di prendere il sopravvento, anche qualora vogliamo porre un controllo, è difficile ignorare ciò che si prova. L'amore è un sentimento indomito, il tentativo di governarlo è del tutto inutile. E' in grado di illuderci, di farci tornare adolescenti, di riportarci a realtà che non ricordavamo più, ci scombussola, ci piega, ci spezza, ci trasforma. Ma dimentichiamoci di poter avviare una relazione senza questo sentimento. Non basta l'affetto fraterno o amichevole a legarci a un'altra persona. Non basta la paura della solitudine. Non basta la necessità. Non basta il volerci accontentare. Ci dobbiamo innamorare e in quell'innamoramento troveremo tutto ciò di cui necessitiamo per poter guardare avanti. 



Naturalmente pur essendo indispensabile, non è sufficiente nemmeno questa enorme forza per garantirci che tutto andrà bene. 
Non troveremo mai una garanzia di quel genere. Dobbiamo assumerci l'onere del rischio e delle responsabilità e partire per una seconda possibilità o prova.
Sconsiglio vivamente di rimettersi a costruire, senza questo fondamentale pilastro di salvaguardia. Il terremoto potrà sempre buttare giù ogni nostra costruzione, ma più salda la faremo e meno saranno i rischi del nuovo crollo.



L'altro pilastro, utile non necessariamente indispensabile, sul quale possiamo nuovamente pensare di costruire è a mio parere, la situazione simile. Vivere una condizione simile ci aiuta nel comprenderci, nel sostenerci e nella sopportazione. In qualunque relazione decideremo di imbarcarci, ci sarà sempre da sopportare un qualcosa. Per cui mettiamoci il cuore in pace, perché la relazione fantastica e ideale che sogniamo non esiste. Un prezzo da pagare ci sarà sempre, questo l'ho imparato a mie spese.  Avere difronte a noi una persona con una condizione simile alla nostra, aiuta. Una situazione diversa non è sempre facile da vivere, spesso ostacola, crea disaccordo, incomprensione, rischiamo di inoltrarci in una situazione di discussioni, di spiegazioni e di giustificazioni, che potrebbe farci rimpiangere la situazione precedente, quella in cui ci siamo separati. 



Ovviamente, essere fuori dal tunnel aiuta, avere sciolto le catene invisibili aiuta, sicuramente più saremo forti, sani, propensi alla positività, pronti a dare fiducia,  più saremo aiutati nella nuova costruzione. Questo nemmeno a dirlo! 
Ma non è detto che l'incontro con l'amore avvenga nel momento giusto della nostra vita. Ricordiamoci una cosa: l'amore capita, può succedere in qualsiasi momento, anche nel peggior momento. Dobbiamo solo domandarci se siamo pronti ad assumerci il rischio di mettere il primo mattone. 


venerdì 15 giugno 2018

LE CATENE INVISIBILI

Torno di nuovo a parlare del tunnel che imbocchiamo al momento della separazione:


cosa ci impedisce davvero di uscirne?



Le catene invisibili che ci trattengono nel tunnel possono essere tre: paura, rabbia e sensi di colpa. Fino a che non avremo sciolto dentro di noi una, due o tutte e tre le catene, sarà difficile emergere dal tunnel. Cercare strade alternative, direi che è del tutto inutile, in quanto queste catene ci inchiodano e non ci permettono l'andare avanti né sbocchi diversi da quello che è il nostro obiettivo: la luce che equivale alla libertà.



La paura ci immobilizza fino a quando non la riconosceremo come tale e non ci sentiremo forti abbastanza da poterla affrontare e superare. Dobbiamo imparare a conviverci affinché non ci impedisca di fare delle scelte. Per chi volesse approfondire ne ho parlato qui.


La rabbia è un ostacolo non indifferente. Genera desiderio di vendetta e questo ci inchioda nel tunnel. La rabbia è accecante e non ci permette di trovare soluzioni alternative. Ci impedisce di vedere lucidamente il cammino fino il riverbero nel fondo. La rabbia ci fa commettere errori, perché talvolta per dissetare la vendetta, siamo condizionati in azioni che non ci apparterrebbero. In alcune circostanze è normale provare rabbia, ma questa non deve diventare un nostro personale ostacolo, né deve generare conseguenze negative per noi stessi. Quando la rabbia ostacola il nostro cammino rischia di diventare un cilicio da portarci dietro, per cui nel caso andrebbe elaborata e superata. Personalmente penso che l'unica soluzione per liberarsi della rabbia sia il perdono. Il perdono è un cammino, non possiamo pensare di praticarlo solo con una volontà cerebrale, occorre anche una disposizione del cuore. Per chi volesse approfondire ne ho parlato qui.


I sensi di colpa a mio vedere sono la catena più difficile da sciogliere. Rimorsi per aver fatto o aver detto, rimpianti per non aver fatto o non aver detto. I sensi di colpa ci rendono vittima di noi stessi. Colpiscono la nostra autostima. Non ci fanno sentire meritevoli della felicità, per cui auto ostacoliamo i nostri obiettivi, semplicemente per mettere a tacere il senso di colpa. Anche in questo caso dobbiamo optare per il perdono, essere così clementi con noi stessi da perdonarci le mancanze o gli errori. Perdonare se stessi è ancora più difficile che perdonare gli altri. 



Saremo fuori dal tunnel quando avremo riconosciuto la paura come tale e ci sentiremo più forti della paura. Quando la nostra rabbia pur esistendo o ripresentandosi, non ci accecherà più con il desiderio di vendetta e saremo in grado di gestirla e orientarla nella giusta direzione, fino a smaltirla. Quando penseremo di meritare la felicità, nonostante i nostri errori, nonostante le nostre colpe, nonostante le nostre mancanze, nonostante i nostri difetti, quando ci saremo perdonati gli sbagli e ci sapremo accettare per ciò che siamo stati, cercando al massimo di migliorarci per espiazione, non di punirci con l'infelicità.  

giovedì 14 giugno 2018

OLTRE IL TUNNEL


Quando abbiamo affrontato una separazione, abbiamo in realtà affrontato il fallimento totale dei nostri sogni, progetti e investimenti. Quando "rimettersi in gioco"?
Il cammino all'interno del tunnel, che si affronta nella III fase descritta qui  è un percorso di cui ignoriamo la lunghezza. Chiudendo il post avevo scritto che tutto dipende da noi stessi e in effetti è così, aggiungerei da noi stessi e da quel che capita. Diciamocelo: un buon margine di fortuna non guasta mai! Camminando nel tunnel, per anni, mesi o settimane (ognuno ha il suo tempo), può capitare  di incontrare altre persone e di intrecciare relazioni di ogni tipo, d'amicizia o d'amore. Quando parlo di tunnel non intendo un cammino necessariamente solitario, ma un cammino in genere di cui conosciamo l'entrata ma ignoriamo totalmente l'uscita. All'interno del tunnel ci aspetta comunque un qualcosa da fare. 



Io leggo consigli di ogni genere sui social, nei gruppi di separati, circa il "quando" rimettersi in gioco,  ma in realtà credo che non ci sia un momento magico o un momento giusto, o una condizione giusta. Credo che anche in questo caso la questione sia strettamente individuale, ognuno ha delle esigenze diverse, ognuno ha una condizione diversa, ognuno ha una forza diversa, per cui è inutile misurarsi con le situazioni altrui. C'è chi il tunnel lo imbocca già con un'altra persona a fianco, c'è chi compie il cammino tutto in solitudine e solo dopo all'uscita si sente pronto per un'altra persona, c'è chi nel mezzo incontra qualcun altro e c'è chi si rende conto che preferisce la solitudine anche oltre il tunnel. Di fatto siamo tutti diversi, per cui non è possibile dire quando è il momento giusto per una seconda relazione e molto dipende sempre da ciò che ci capita intorno, da chi si incontra o non incontra. Rimettersi in gioco è una definizione che personalmente non mi piace, perché non ha significato. Siamo sempre in gioco, finché viviamo, siamo esposti a ogni possibilità, dipende solo da noi viverne alcune e non viverne altre, le nostre scelte libere hanno il potere di cambiare momento dopo momento la nostra vita. 



Spesso però ci sono dei condizionamenti e queste scelte non sono libere o sono faticate. Dobbiamo liberarci del pregiudizio altrui per avere un buon margine di libertà.
Chi la separazione l'ha optata, si è sicuramente già scrollato di dosso il timore dei pregiudizi e in qualche maniera ha una marcia in più nel ricostruirsi, ma non basta. Anche chi è stato così "sfrontato" da avere mandato tutto all'aria, deve fare i conti con le proprie paure. La paura sarà uno spauracchio da mettere in conto nel cammino post separazione. Per vincere la paura ognuno deve trovare un proprio metodo e non è detto che tutti riescano a vincerla, spesso bisogna solo imparare a convivere con la creatura che ci ricorda le nostre fragilità, le nostre debolezze, i nostri sbagli, i nostri fallimenti.  Più che affrontarla a brutto viso e con spavalderia, è meglio prendere atto del fatto che la paura dentro di noi è ormai un peso inevitabile e imparare in qualche maniera a controllarla e gestirla. Tenere a bada la paura è indispensabile per affrontare la vita in genere, non solo per un'altra relazione. La vita rischia di trasformarsi in un mostro, in un nemico che ci spaventa, ritrovare la prontezza di affrontare l'esperienza vita senza paura, prendendo al volo ciò che capita, un po' come succedeva da giovani, non è facile, ma sebbene con maggiore prudenza, è proprio ciò che bisogna fare. La paura è un ostacolo alle cose belle che potrebbero succederci, eliminarla non è possibile, affrontarla riconoscendola invece è il solo metodo per aggirarla, superarla, ostacolarla, fronteggiarla e controllarla. Dare un nome ai nostri freni, ai nostri sospetti, ai nostri malesseri è fondamentale, non temiamo di sembrare fragili davanti agli altri o davanti noi stessi. Chiamiamola con il nome che ha, PAURA e identifichiamola come qualcosa che non ci permette di vivere liberamente e che spesso ci induce nel commettere errori. 
Paura di sbagliare, paura di amare, paura di perdere, paura di morire, paura di vivere. Finché siamo vivi dobbiamo camminare per forza, non possiamo bloccarci per la paura di ciò che troveremo oltre, potremmo rischiare anche di trovare la felicità, ma come lo sapremo mai se la paura ci tiene fermi? 

domenica 10 giugno 2018

LA LUNGA STRADA DELL'AFFIDO ESCLUSIVO

La legge è uguale per tutti

ma non necessariamente

 lo è la sua applicazione

Premetto che non sono un avvocato e che ciò che sto scrivendo, si basa esclusivamente sull'esperienza vissuta con il mio compagno. 
Prima di imboccare la strada dell'affido esclusivo, ascoltate soprattutto le esperienze di chi l'ha già percorsa. Anche qualora vi rivolgeste a un avvocato, tenete sempre conto del fatto che poco contano gli articoli di legge, molto invece chi li legge. 
In diversi post ho raccontato l'esperienza di separazione vissuta con il mio compagno e ai piedi dell'articolo ne incollerò alcuni nel caso vi possano interessare.


Per noi quello dell'affido esclusivo, è stato un percorso lunghissimo, tortuoso e doloroso, che ad oggi non mi sentirei di ripetere e che di fatti non tentiamo per il secondo figlio che è rimasto collocato presso la madre. 
L'esborso economico, psichico e fisico è immensurabile, per cui prima di imbarcarvi per tale richiesta valutate attentamente queste tre risorse, perché le energie richieste saranno eccessive, sopra ogni rifornimento immaginabile.
Economicamente il prezzo si aggira intorno ai 10 mila euro, ma la parcella dell'avvocato può sensibilmente cambiare questo importo e la stessa cosa vale per la lungaggine del tribunale. Purtroppo non vi è un costo preciso da affrontare, ma difficilmente si tratterà di un importo inferiore a questo. Non è come andare a comprarsi una macchina, perché il prezzo iniziale concordato con l'avvocato può modificarsi in base alle richieste del tribunale. A noi orientativamente ogni procedimento è costato più o meno questo.
Psicologicamente e fisicamente, costa anni di vita, anni di serenità, sonni mancati, pasti consumati al volo in macchina per andare e tornare, chiacchierate con c.t.u., c.t.p., avvocati che porteranno via ore ed ore di vita, che potevano essere spese in qualunque altro miglior modo.
Se veramente dovessi misurare un risarcimento in termini economici, per tutti gli acciacchi che comporta un percorso di questo genere, direi che a fine procedimento un misterioso qualcuno, dovrebbe ripagarti con un bel gruzzolo di Euro per quello che hai affrontato. Ma il misterioso qualcuno ovviamente non esiste. La guerra l'hai voluta, te la combatti e alla fine ti rendi conto di una cosa soltanto: ci sono solo vinti. Nessuno è vincitore. 


Anche qualora le motivazioni che vi spingono ad affrontare tale strada, siano molto gravi, come nel nostro caso, la strada dell'affido esclusivo non sarà lo stesso una passeggiata di salute. Dovete soprattutto valutare, che oltre le risorse di cui sopra, dovrete essere pronti a mettere nel campo di battaglia vostro figlio, che in prima persona dovrà indossare l'armatura di guerra, le armi di guerra e utilizzarle necessariamente contro un genitore o l'altro.
La guerra del mio compagno iniziò nel 2011 e si concluse nel 2014. Si trattò di tre anni di impegno psichico veramente eccessivo e comunque non posso dire che si sia mai conclusa veramente. 
Una volta che il tribunale ha stabilito per l'affido esclusivo, si pensa di poter tirare il fiato e invece la guerra non è conclusa! Ne inizia un'altra e di entità peggiore. 
Nella seconda fase ci saranno coalizioni, anche inaspettate, per le quali non si è pronti. I nemici aumentano e il terreno di guerra è meno sicuro che nella prima fase, perché la parte perdente, a cui l'affido viene revocato, farà di tutto per sovvertire la situazione, dimostrare il contrario, cercherà appoggi e alleati, impiegherà nella seconda fase risorse più potenti.  Al minore non verrà risparmiato nulla. Sarà sempre esposto in prima persona in ogni campo di battaglia: tribunale, servizio sociale e famiglia. In questa guerra si feriranno tutti e tutti feriranno, ma colui che riporterà le maggiori ferite sarà proprio il minore interessato, vostro figlio,  poiché la sua esposizione sarà continua e totale. Verrà massacrato da tutti, soprattutto giudici, consulenti, assistenti sociali. Faranno tutto ciò in stanze adatte al minore, ma cambia poco, perché il risultato sarà un ragazzino massacrato nel suo interiore, nel suo cuore, obbligato a crescere in fretta e a combattere qualcosa di troppo grosso per la sua età. 


Io non voglio condizionare nessuno nel desistere dalla richiesta di affido esclusivo, mi rendo conto che il post è un po' forte come immagine, ma è veramente ciò che capita, perché l'ho vissuto in prima persona. 
Il bello sarà che giudici, consulenti, assistenti sociali, dopo aver partecipato al massacro collettivo, verranno a dirti che sarebbe opportuno rivolgersi a uno psicologo per aiutare il minore a guarire dalle ferite che soprattutto loro hanno inferto con tanta cattiveria.

Prima di avviarvi per la strada dell'affido esclusivo, valutate bene di cosa si tratta, perché vi assicuro che non sarà facile. 
Se qualcuno ha vissuto un'esperienza diversa, meno dolorosa, meno massacrante della nostra, avrei il piacere di conoscerla. La nostra è stata un bagno di sangue in tutti i sensi e non è ancora finita purtroppo.

venerdì 8 giugno 2018

BISOGNO D'AMORE



Il titolo esplica già il senso del post.
Premetto che questo articolo nasce a causa di un post letto su Facebook, dove un uomo dichara di avere bisogno d'amore, post dal quale scaturiscono molti commenti, di tutti i tipi, ma uno mi stupisce veramente, in quanto viene chiesto all'uomo, come possa sentirsi già pronto per l'amore. 


Ma che vuol dire sentirsi pronti per l'amore?


Non esiste un tempo giusto per l'amore, non esiste il poter essere pronti all'amore. Non è come prepararsi alla patente, o a un diploma. L'amore è qualcosa di più.
L'amore è una forza di cui non possiamo fare a meno, in quanto da amore siamo generati. 
L'amore non è una nuova relazione, non è un altro matrimonio, non è mettersi in gioco una seconda volta con tutti i rischi del settore. L'amore è qualcosa di più ampio. E' un sentimento indispensabile per l'umanità, ma non è detto che ne siano tutti dotati e nemmeno che ne siano tutti dotati nella stessa percentuale. 
C'è chi di amore vive e penso che l'esempio più concreto possa essere  Gesù Cristo, che è venuto 33 anni su questa terra solo per insegnare ad amare. Il vangelo è pieno della parola amore. L'insegnamento base è "ama il prossimo tuo come te stesso". Abbiamo l'esempio di tante vite, di santi  e persone che non si conoscono sufficientemente, ma che hanno amato infinitamente. Vorrei ricordare il mio amatissimo medico di famiglia, un uomo che amava la sua missione, semplicemente perché amava profondamente i suoi fratelli. Non è un santo del calendario ma sicuramente sarà santo in cielo. 
Ci sono soggetti che invece di questo amore risultano completamente sforniti. Potremmo ricordare Hitler, Stalin, Pinochet e altri soggetti famosi come questi, che desideravano solo la distruzione degli altri, la morte, la sofferenza, lo sterminio.
Poi ci sono le persone normali nel mezzo, che non sono Gesù Cristi in terra, ma nemmeno demoni operativi nel pianeta. La gente normale, quella che non ammazza, non ruba, che tenta di comportarsi bene, ma che ogni tanto si arrabbia, sbaglia, ferisce, fa qualche pettegolezzo o qualche bassezza di altro tipo. Insomma la stragrande maggioranza. 
Ma chi può dire di non avere bisogno d'amore?


In fondo veniamo al mondo a causa di un atto d'amore... e qui subito qualcuno dirà che non sempre è vero. Si infatti non sempre è così, ma l'essere umano strappato al nulla più totale, viene al mondo già bisognoso d'amore e questo piccolo essere impara ad amare essendo amato. 
L'amore è una forza immensurabile, non si può nemmeno intuire cosa si possa fare per amore, quale energia si muove quando questo sentimento dentro di noi prende vita. L'amore abbatte ostacoli, distanze, abbatte il tempo, la sostanza e la relatività. E' qualcosa in cui ha preso vita la nostra essenza di essere vivente. Che ci vogliamo credere o no, arriviamo su questa terra bisognosi solo d'amore. Anche gli Hitler, gli Stalin e i Pinochet, in realtà arrivano sulla terra bisognosi d'amore e qualcuno molto probabilmente glielo nega duramente. 
Il cuore dell'uomo può trasformarsi in una pietra, la mente di conseguenza può riempirsi del non-amore, che non è necessariamente odio, ma necessità del male. Chi vive in questa necessità, detesta l'amore, semplicemente perché gli fu negato quando lo richiese con tanta forza, con tanta determinazione, con tanto bisogno, con tanto desiderio. 
Ovviamente questo non giustifica le cattiverie. Ognuno dovrebbe lavorare dentro se stesso affinché il proprio cuore non si indurisca, affinché la propria mente non si inquini, e affinché non si giunga a detestare l'amore. 
L'amore va coltivato, va cercato, va seminato. E dell'amore non se ne può avere paura, perché è una condizione indispensabile per vivere. Non possiamo permettere che il timore di perdere una cosa bella, restringa la possibilità di averla. Spesso siamo i primi a non volerlo, nel timore di sentircelo poi togliere. 
Ma non si può vivere avendo paura della vita. Le cose belle dentro di noi resteranno per sempre e nessuno ce le potrà togliere, nemmeno il tempo.


Penso ai miei nonni che non ci sono più, a mio padre che non c'è più, eppure nemmeno questa distanza infinita minaccia l'amore che ci ha legati. Se loro sono vivi dentro di me, è grazie all'amore che mi hanno dato e grazie all'amore che gli ho dato. Attraverso questo amore vi è continuità tra noi, oltre il tempo, oltre il limite materiale. 
Io direi che non si può avere paura di amare, perché dall'amore possono venire soltanto cose buone.
E direi che circoscrivere l'amore, solo a una relazione tra due partner, è molto limitativo per quello che questo sentimento può essere e può fare.
La capacità di amare innalza la nostra anima, rende limpido il nostro cuore e sana la nostra mente, se basiamo tutte le nostre relazioni su questa capacità, per quanto potranno andare male, noi saremo sempre salvi. 


Vivere senza paura di amare, ci permette di vivere senza paura di essere amati. 
Quando in noi ci sono ferite così gravi, così antiche, che non ci permettono di amare LIBERAMENTE, è bene prendere atto del limite, cercare le ferite e curarle, perché il nostro cuore non diventi nel tempo una gelida e inutile pietra. 


giovedì 7 giugno 2018

LE TRE FASI PSICHICHE DELLA SEPARAZIONE


Parlo di tre fasi psichiche, in quanto quelle pratiche sono dettate dalla legge. 
La separazione è un percorso  e se vogliamo è il percorso inverso a quello intrapreso con la scelta di mettere su famiglia. Si tratta di una vera e propria manovra di inversione di marcia. Talvolta si inchioda e si cambia corsia, talvolta invece si rallenta, ci si ferma, si riparte e poi si cambia corsia e qualche volta invece ci troviamo su un'auto il cui conducente, che non siamo noi, decide per l'inversione. In qualunque immaginaria macchina ci troviamo, la separazione resta comunque un percorso doloroso che io divido in tre fasi psichiche. 

Nella prima fase si prende atto che "qualcosa" è cambiato. Da qualunque parte ci si trovi, si prende consapevolezza della probabilità della separazione. E' la fase dello smarrimento. Non cambia se si è nel ruolo decisionale o in quello che la decisione la subisce, ci troviamo dinanzi un enorme cambiamento di vita e questo spaventa e smarrisce. Non sappiamo cosa troveremo oltre il tunnel che stiamo imboccando. Anche se entrare nel ruolo di single può in un certo senso stimolarci e rallegrarci, ci sentiremo sempre smarriti nel rivoluzionare tutti i parametri della nostra vita. E' la fase forse più dolorosa, in cui le certezze si sgretolano e tutto ci fa male.

La fase successiva, la seconda,  è quella dell'azione, la fase che richiede maggiori energie fisiche, psichiche e direi anche spirituali. Si tratta di un vero e proprio trasloco, uno dei due deve lasciare la casa e questo comporta un grande spostamento di cose. In genere a fare le valige è l'uomo ma il trasloco in uscita spetta ad entrambi. Il soggetto uscente poi deve anche sistemarsi altrove. In questa fase in realtà le energie sono scarsissime, si è deboli fisicamente a causa del sonno perduto e dello scarso appetito, che deriva dall'impatto con la presa di coscienza. Si è fragili psicologicamente per tutto ciò che è crollato e che continua a crollare. Si è, inoltre, investiti da un movimento di persone intorno a noi, parenti ed amici, che ci travolgono con consigli, rimproveri e dritte, racconti di esperienze di amici di amici. Si viene travolti dalla confusione. Non sarebbe il periodo ideale per un trasloco, ma ci tocca!

L'ultima e terza fase è la peggiore, è la fase del vuoto. Siamo ormai nel tunnel, ci ritroviamo in una vita del tutto ignota. In questa fase depressiva, la tristezza fa da sfondo a tutto, siamo travolti dai dubbi, dai rimorsi, dai rimpianti, dalle rabbie, momenti di certezza e momenti di buio si alternano. Sembra che il nostro cuore sia preda di tutte le emozioni, la nostra mente non sembra più lucida come prima. 
Ora abbiamo la certezza di essere nel tunnel.

Usciremo dal tunnel? C'è luce in fondo a quel tunnel?

 Quanto è lungo quel tunnel?

Sono domande che ci facciamo tutti quando ci troviamo nella terza fase e purtroppo non ci sono risposte certe. Ognuno ha un tunnel di lunghezza diversa, ognuno ha un passo diverso per percorrerlo, qualcuno trova una buona luce, altri no.

C'è una sola certezza quando siamo nel tunnel:

tutto dipende da noi stessi! 


mercoledì 6 giugno 2018

IL DUBBIO



Il nostro vocabolario definisce DUBBIO "una condizione mentale per la quale si cessa di credere a una certezza o con cui si mette in discussione una verità o un enunciato."
Ultimamente mi è capitato spesso di leggere post su facebook di persone travolte e stravolte dai dubbi e preoccupate per il non sapere cosa fare.
Io direi che il dubbio è una condizione di integrità mentale. Sicuramente sarebbe bello che questa condizione non esistesse, perché di certo è la condizione più logorante della realtà umana e terrena. Non abbiamo la possibilità di vedere cosa accadrebbe se noi scegliessimo una strada o l'altra, per cui è normalissimo e sanissimo, secondo me che il dubbio occupi buona parte della nostra vita.
Quando stiamo per affrontare la separazione, dal mio punto di vista non sarebbe normale, se ci alzassimo convinti di buttare giù tutto ciò in cui abbiamo investito le nostre energie passate, attuali e le nostre forze, le nostre certezze, le nostre speranze, i nostri sogni e tutto ciò di cui è composto un essere umano. Abbiamo messo su una specie di società, con il nostro matrimonio o la nostra convivenza, società dalla quale abbiamo "prodotto" dei figli, che sono liberi individui trasportati in questa vita, senza il loro consenso. Non è detto che la società vada a buon fine. Anche il "prodotto figlio", non è detto che dia nel tempo il risultato per il quale abbiamo investito, ma questo è un altro affare, in quanto non potendo scegliere tale "prodotto" al supermercato, ci vuole anche un buon margine di fortuna per quel risultato desiderato. Ne parlerò in un altro post.
L'attività del nostro "socio" invece è ben altro e nello sciogliere il DUBBIO amletico, sul cosa fare: separarsi, abbozzare, perdonare, non perdonare e procedere, seguire le emozioni o il senso del dovere, far crollare il palazzo oppure fortificare le fondamenta? Dobbiamo valutare come abbiamo lavorato noi stessi e come ha lavorato il nostro "socio". Domande umane, che ci siamo fatti tutti. Forse al momento di mettere su la prima pietra, siamo stati più superficiali a causa della giovane età, abbiamo iniziato la costruzione del nostro palazzo con tanto amore, con tante speranze, ma poi per un miliardo di ragioni questo palazzo è venuto su storto o pericolante. Probabilmente nel costruire non abbiamo avuto dubbi, eravamo certi di fare le scelte giuste e ora dopo anni, ci ritroviamo nel nostro palazzo barcollante e le cose non sono andate come credevamo. 
Avere dubbi non solo è umano, ma rispecchia l'atteggiamento e la condizione di una persona intelligente, che prima di optare per una scelta o un'altra, ci pensa. 



Come sciogliere il dubbio?

Di certo il dubbio deve essere una condizione temporanea, non permanente. Sia che si opti per un'azione o per un'attesa, le risposte giungeranno nel tempo e i nostri dubbi si scioglieranno. Potremmo prendere del tempo ed attendere per vedere meglio come vanno le cose, la vita ci porterà comunque dei risultati, delle risposte da tenere in considerazione, ma dobbiamo essere PRONTI a voler guardare la realtà dei fatti, le verità che ci vengono mostrate e a prenderne atto. 
Spesso il dubbio non si scioglie perché non siamo pronti ad analizzare la realtà, ma un qualcosa che ci piacerebbe maggiormente e che desideriamo vedere in quel modo.
Mi sento di dare un consiglio a tutte le persone che sono nel dubbio: prendetevi tempo!
Leggo consigli scellerati, di persone che indicano di correre dagli avvocati, per tutelare i propri diritti, di correre in tribunale per regolarizzare situazioni che non hanno ancora preso alcun verso. Quando si tratta di scelte così importanti, mi sento di suggerire invece maggiore cautela. E' opportuno portare il silenzio dentro se stessi per analizzare la situazione da molte prospettive, per pensare ad eventuali conseguenze future e muovere i passi lentamente senza lasciarsi travolgere da ansie.



Stiamo decidendo della nostra vita di coppia e della nostra famiglia, bisogna essere cauti.
E' necessario misurare le proprie forze, perché una volta che il palazzo sarà crollato ed è più facile di quanto si possa credere, ci ritroveremo in un cumulo di macerie. Prendiamo in considerazione che quelle macerie andranno portate via, che ricostruire non sarà facile, che ci vorranno tante forze anche per ritrovare le energie, le speranze, i sogni, perché l'età non è più quella della prima volta, in cui eravamo tutelati da una maggiore incoscienza.
Misuriamo le nostre forze anche in funzione di eventuali riparazioni del palazzo, perché anche quelle richiedono molto sacrificio. 
Io insisto nel dire che non esistono scelte giuste e scelte sbagliate. Esistono esperienze di vita e ognuno deve scegliere considerando le proprie capacità, le proprie forze, le proprie volontà. Sciogliamo il dubbio dentro noi stessi, pensando cosa ci pesa fare di meno e prendiamoci il tempo necessario. Non sarà mai tempo perduto! 


martedì 5 giugno 2018

L'IMPORTANZA DEL PERDONO


Questo post nasce dall'ultimo colloquio avuto con il servizio sociale, nel quale di traverso mi sono infilata anche io. Perché dico questo? Perché in genere le assistenti sociali vogliono parlare soltanto con il genitore del bambino protetto e nel caso specifico con Fabio, ho già scritto che verso le matrigne e seconde compagne c'è un po' di pregiudizio, se volete leggere qui  e qui.
Tuttavia l'ultima volta avevo davvero necessità di colloquiare con le assistenti sociali, per capire meglio come poter aiutare Asia a sopravvivere all'incontro protetto. In fondo si chiama "incontro protetto", per cui c'è da chiedersi perché una ragazzina di 13 anni che solitamente vive serena tutti gli aspetti della propria vita, esca da questo incontro così stravolta emotivamente e così arrabbiata e provata. In fondo è stata al servizio sociale, organo che l'ha in tutela per la visita protetta con sua madre. Eppure esce di lì come se avesse affrontato i draghi. Per cui mi domando: la protezione dove sarebbe? E ancor di più mi domando: ma questa visita protetta, serve e ci fa bene? Oppure è un sistema mostruoso dal quale non riusciamo a tirar fuori una ragazzina che sembra inghiottita da istituzioni che non vogliano il suo benessere? Dell'insistenza con la quale viene proposta la visita protetta con la madre ne parlai qui, dove spiegai le motivazioni che il servizio sociale sostiene. 
Perché tiro fuori la questione del perdono?
Perché a un certo punto del nostro colloquio, l'assistente sociale disse letteralmente "prima o poi Asia dovrà fare i conti con questa madre". Tutto sommato io non sarei così convinta che poi questi conti si dovranno necessariamente fare nella vita. Come non sono affatto convinta che archiviare il tutto sia una cosa così negativa. Io risposi all'assistente sociale: "certo prima o poi Asia dovrà perdonare questa madre" e lei ribatté "non è necessario che la perdoni, ma che elabori". 

Ecco mi voglio soffermare su questa sua risposta. Ma cosa significa elaborare? E nella pratica come si fa ad elaborare un'esperienza negativa, prima di archiviarla nella nostra mente e scaricarla dal nostro cuore?


Ci sono esperienze o ricordi, che torneranno sempre a farci male e a farci soffrire, io non vedo altra strada che IL PERDONO, per liberarsi da quelle sofferenze, che sono vere e proprie catene nella nostra mente e nel nostro cuore. 
Perdono non significa sottostare a un sistema che continua a farci male. Perdono non significa sottomettersi necessariamente a un soggetto che in tutto e per tutto sembrerebbe essere il nostro carnefice. Si può perdonare e non accettare più una modalità.
Pensavo tra me e me, senza ovviamente controbattere all'assistente sociale, ma quale è il percorso che Asia potrà fare per elaborare il vissuto con sua madre?
Anzi tutto accettare questa madre, signora XX, con il bello e cattivo tempo, qualcosa di buono anche in lei ci sarà da salvare. Anche se fosse completamente una pessima madre, accettarla per come è. 
Adesso la ragazzina ha solo 13 anni, è impensabile che si adoperi in un cammino così importante come l'elaborazione di un vissuto così pesante e intrigato e così doloroso e sofferto. Arriverà  il tempo in cui, dovrà cercare di darsi delle risposte e comprendere il perché sua madre abbia adottato con lei strategie manipolatorie, ricatti emotivi e abbia dato nel tempo così poco amore. 
E' una mamma che sa amare poco, perché a sua volta è stata amata poco. E' una donna e una mamma insicura, che sa farsi amare e accettare solo facendo leva sulla pietà altrui, perché probabilmente così le è stato insegnato. Io dico ad Asia "immaginala da bambina, anche lei deve aver subito il tuo stesso se non più tragico inferno. E' stata una bambina non amata, ricattata emotivamente, adulata con le bugie, con promesse evanescenti, amata solo se si comportava così o colà." 




Purtroppo io non vedo alternativa al perdono. Se vogliamo elaborare le nostre esperienze negative, dobbiamo figurarci i nostri carnefici, come bambini maltrattati, comprendere che il loro modo di amare è solo quello, in quanto non sono stati amati. Perdonare il loro limite affettivo, il loro limite psicologico, mettere le dovute distanze per la nostra salvaguardia ASSOLUTAMENTE, in quanto questo non giustifica il fatto di continuare a farci maltrattare. Non vedo alternativa per elaborare il vissuto negativo, che perdonare e dimenticare e vivere serenamente quel che è rimasto da vivere, al meglio che possiamo.
Chissà l'assistente sociale cosa intende invece per la sua elaborazione? Non vedendo ella nel perdono la sola chiave in grado di aprire tutte le porte del cuore. 
Una volta che avremo perdonato saremo semplicemente liberi.
Io ho lavorato in tal senso con i miei figli, nei confronti del padre e non me ne sono pentita. Lo stesso lavoro tento di farlo con Asia. 
L'insistenza con la quale sua madre vuole incontrarla presso il servizio sociale, coadiuvata da un sistema assurdo che la supporta, dove la condurrà? Tra 5 anni Asia sarà maggiorenne, dopo di che farà ciò che vuole. La signora XX ha a disposizione 90 ore di incontri protetti, che tradotte in giorni, sono poco più di 3 giorni e mezzo, per imporre la propria figura indesiderata a sua figlia e benché tale imposizione sia operata dal servizio sociale al fine della famosa elaborazione del vissuto, non comporterà un minimo passo avanti, in quanto in questa modalità non vi è alcuna elaborazione.
La sola elaborazione è legata a tre fasi: comprensione del vissuto, accettazione del vissuto, perdono del carnefice. 
Ma non possiamo mettere ad Asia un holter che conti i suoi battiti cardiaci, non possiamo misurare il tempo che la sua mente e il suo cuore impiegheranno per vivere le tre fasi dell'elaborazione. Possiamo solo lasciarla in pace e guidarla in queste tre necessarie fasi per il suo bene.
Il rapporto con sua madre è un'altra cosa, quello non dipende esclusivamente da Asia e tanto meno da tutti noi. Non è come la signora XX vorrebbe credere. Il loro rapporto dipende soprattutto da lei che è  l'adulta della situazione. 

lunedì 4 giugno 2018

BIMBI E FAVOLE



Non sarò io a dire quanto siano importanti le favole nella vita dei bambini, perché questo lo asseriscono già milioni di dottori. Anzi secondo me sognare nella vita è sempre importante anche da vecchi... quando si smette di sognare si smette anche di vivere, ma alimentare la fantasia dei nostri figli con dei racconti non è importante soltanto per loro, ma anche per noi e per creare un legame interiore tra genitori che raccontano e figli che ascoltano. Adesso la TV sostituisce i racconti e sebbene moltissimi film siano davvero carini, leggere un libro con i propri figli non è la stessa cosa di guardarsi un film insieme. 
Quando i miei figli erano piccoli capitava spesso di leggere insieme dei racconti, vorrei fare una piccola pubblicità ai libri che hanno interessato la loro infanzia e che ritengo davvero belle storie. 

Per i bambini più piccoli il primato a mio parere è della scrittrice Bianca Pitzorno, sicuramente molte letture dei libri delle elementari hanno la firma della scrittrice Pitzorno. Ci era particolarmente piaciuto questo romanzo fantaecologico, che parla di una bambina vegetale extraterrestre che rischia di morire sulla terra a causa dell'inquinamento e affidata al dr Erasmus, che odiava bambini, cani, gatti e animali affini e nella cui casa capitano per sbaglio due fratellini, Michele e Francesca. Ho rispolverato questo libro perché voglio leggerlo al nostro Michele ora che verrà a stare da noi per i 15 giorni di giugno.  Mentre lo cercavo ne ho trovati altri ormai chiusi da molti anni nella nostra libreria.

Per i bambini più grandi invece, ossia dai 9/10 anni in su, fino ai 100 più o meno, c'è questa meravigliosa saga di Isabel Allende, che la stessa ha scritto per i suoi nipotini. Questa saga fantastica mi sento di consigliarla a tutti. Io la lessi ai miei figli quando avevano più o meno 10 e 12 anni, con loro mi fermai al primo libro "La città delle bestie", lessi per conto mio gli altri due libri e sono racconti veramente fantastici, che narrano i viaggi di Alex, ragazzino di 15 anni, affidato momentaneamente alla nonna Kate, giornalista del National Geographic, per via del cancro della mamma. Il primo libro narra il viaggio in Amazzonia, alla ricerca di una creatura mostruosa, dove nascerà anche un'amicizia importante con Nadia, la figlia della guida. Nel secondo libro "Il regno del drago d'oro" l'avventura di Alex e Nadia si sposterà tra le montagne dell'Himalaya e infine nella "Foresta dei Pigmei" visiteranno il cuore dell'Africa.

Mi sento di consigliarvi queste letture e ogni tanto spegnete la TV e leggete un libro con i vostri figli, il risultato di una favola sarà qualcosa di più costruttivo di una semplice lettura. 





PRIMA TRANCHE VACANZE

Il nostro caso è particolare, perché tratta di quei genitori separati, non collocatari dei figli minori, a distanza. Non so come ci si organ...